Bollettino storico piacentino. Notiziario dall'Archivio di Stato

BSP 2/2014

Le carte di Guido Schenoni Visconti

L’Archivio di Stato di Piacenza ha ricevuto in dono dal dott. Paolo Schenoni Visconti il carteggio del padre, una raccolta di documenti, soprattutto appunti e schede, stesi da Guido Schenoni Visconti (1911-1995) fra gli anni Cinquanta e Ottanta del secolo scorso. Appassionato di storia e molto legato alle alte valli del Ceno e del Taro ricadenti nella Diocesi di Piacenza-Bobbio, raccolse molte informazioni relative alle famiglie di Bardi, Bedonia, Parma, Fiorenzuola e della Liguria orientale, nonché alle antiche fortificazioni della Val Taro e della Val Ceno. Socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, scrisse articoli sulle riviste locali e dalle sue ricerche presero spunto altri storici. Il nucleo documentario farà parte del fondo «Carte e manoscritti di storici ed eruditi piacentini». (Gian Paolo Bulla)

Archivi giudiziari dei secoli XIX-XX

Sta finalmente volgendo al termine l’ingentissimo intervento di riordinamento, cura­to da Elena Stendardi e Barbara Spazzapan, degli archivi giudiziari di Nuovo Regime (1804-1970, con documenti successivi) della provincia di Piacenza, avviato alcuni anni fa con un finanziamento ministeriale ad hoc. Si tratta di tutto o quasi il materiale su­perstite delle istituzioni giudiziarie presenti sul territorio, da quelle di epoca napoleonica (Giudicature, Tribunale di prima istanza, Tribunale civile e criminale) a quelle ducali (Tribunale civile e correzionale e Preture) a quelle dello Stato italiano (Tribunale, Pre­ture, Procura, Corte di assise). In alcuni casi, soprattutto per gli uffici periferici della provincia e per la prima metà del secolo XIX, la documentazione è lacunosa, tuttavia assomma a oltre 1.200 metri lineari. Per dare risalto al paziente e notevole lavoro ef­fettuato dalle curatrici si intende pubblicare un volumetto contenente l’elenco di consi­stenza del materiale e opportune riflessioni storico-metodologiche; anche per questo si dovrà ricorrere al generoso contributo di sponsor. (Gian Paolo Bulla)

Cantiere di lavoro: le carte dell’Ospedale Militare di Piacenza

Il recente conferimento delle carte dell’Ospedale Militare di Piacenza, che, coi numerosi fascicoli relativi agli ospedali allestiti durante i due conflitti mondiali, risulta d’indubbio interesse nell’ambito delle rievocazioni del centenario della Grande Guerra, ha spinto l’Ar­chivio di Stato ad avviare una prima campagna di riordinamento del materiale risalente al XX secolo (1915-1971) e contenuto in ben 795 scatoloni per un totale di 2.500 pezzi. Un’archivista è stata incaricata di compilare un semplice elenco di consistenza del mate­riale, nella speranza che questo consenta di esaminare in tempi brevi la documentazione utile in vista della ricorrenza, imperniata sui numerosi ospedali cittadini e da campo in uso a Piacenza, territorio che fu un importante sito logistico e sanitario nel periodo bellico. L’intervento si affianca alle altre iniziative dell’Archivio di Stato di Piacenza già programmate per il Centenario della Prima guerra mondiale, laboratori didattici e una mostra documentaria, che sarà inaugurata a maggio 2015 presso l’Archivio di Stato di Parma, sui Parmigiani che parteciparono alla Grande Guerra. La mostra sarà il frutto di uno studio, soprattutto statistico, condotto dagli allievi della Scuola di Archivistica, Paleografia e Di­plomatica dell’Archivio di Stato di Parma nell’ambito delle esercitazioni dell’insegnamento di Archivistica sui ruoli matricolari conservati a Piacenza. (Gian Paolo Bulla)

Una prossima nuova acquisizione: l’Archivio Gazzola di Settima

Il conferimento del Premio Gazzola 2014 per il restauro dei palazzi piacentini all’in­tervento sul palazzo Scotti della Scala (Piacenza, Via Verdi 42) ha permesso di antici­pare la prossima acquisizione per deposito dell’archivio familiare Gazzola di Settima notificato dal conte Agostino Gazzola nel 1986: infatti alcuni disegni ivi contenuti sono stati pubblicati nel volumetto che illustra i lavori. Nell’Archivio, accanto al nucleo principale dei Gazzola, sussistono altri tre nuclei di diversa consistenza: quello dei novaresi Giacometti, dei pavesi Negri della Torre e dei Douglas Scotti della Scala di San Giorgio, già proprietari del palazzo urbano che entrò, assieme alla Rocca di San Giorgio, nel possesso dei Gazzola più tardi provenendo da Maria Negri della Torre (figlia di una Scotti) coniugatasi con Guido nel 1889. L’Archivio di Stato sta redigendo un elenco esauriente ai fini della formalizzazione della cessione da parte dei proprietari. (Gian Paolo Bulla)


Tesi di laurea di argomento piacentino

– Emilio Bardella, Il monastero di San Colombano di Bobbio dalla sua fondazione (614) alla creazione della diocesi bobbiese (1014), Università degli Studi di Parma, Dipartimen­to di Lettere, Arti, Storia e Società, Corso di laurea in Civiltà Letterarie e Storia delle Civiltà, a.a. 2013-2014, rel. prof. Marina Gazzini. L’A. analizza la storia del monastero di San Colombano di Bobbio, prestando parti­colare attenzione ai momenti di criticità dovuti al mutare degli assetti politici e istituzio­nali che di volta in volta colpirono ora l’alta Val Trebbia ora l’Italia centro settentrionale, con particolare riguardo al suo patrimonio fondiario e, soprattutto, ai cambiamenti nella gestione e nella proprietà delle terre. Il primo capitolo – Le premesse alla fondazione: monachesimo colombaniano e Italia longobarda – analizza in modo chiaro e sintetico l’humus culturale e religioso irlandese, dal quale fiorì la fondazione bobbiese. Nel se­condo – Dalla fondazione del monastero alla fine del dominio longobardo in Italia – l’A. ripercorre brevemente la vicenda che portò Colombano a fondare un cenobio nell’Alta Val Trebbia, passando in rassegna sia le fonti documentarie sia la storiografia più recen­te. Nel terzo capitolo – L’epoca carolingia e il periodo dell’anarchia politica – attraverso un’attenta rilettura dei diplomi imperiali si cerca di ricostruire il mosaico del patri­monio fondiario del monastero all’apice della sua fortuna, successivamente, alla difesa dei suoi possedimenti dalla minaccia delle potenti famiglie feudali in ascesa. Il quarto capitolo – L’organizzazione del patrimonio –, grazie all’abbondanza della documentazione edita, inquadra i possedimenti del monastero nel contesto del sistema curtense mentre il quinto capitolo – Il monastero e la svolta sotto la dinastia sassone – si sofferma su un momento focale per la storia del cenobio con l’imposizione da parte di Ottone III di Gerberto d’Aurillac, futuro Silvestro II, all’abbaziato. La creazione della diocesi rappresenta un momento cardine nella parabola dell’antico monastero di fondazione regia. Completano il lavoro la cronotassi degli abati di Bobbio dal 614 al 1014, le tavole, un’accurata bibliografia suddivisa in fonti – edite e inedite – e studi. Copia della tesi è depositata presso l’Archivio di Stato di Piacenza (Anna Riva)

– Noemi Pisati, Ricerche sulla pittura murale a Piacenza nel XIV secolo: contesti e com­mittenze, Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici, a.a. 2012-2013, rel. prof. Marco Rossi. La tesi indaga la situazione storico-artistica piacentina del XIV secolo, privilegiando la pittura murale nelle chiese cittadine, approfondendo i contesti e, dove possibile, le committenze di alcuni affreschi, in modo da inserire la realtà pittorica di Piacenza in un ambito più ampio, considerando che Piacenza, per la sua posizione geografica, fu nodo viario e commerciale sul fiume Po, confine ma al tempo stesso luogo di scambio. La prima ricerca bibliografica ha preso le mosse dal catalogo della mostra del 1998, Il gotico a Piacenza, curato da Paola Ceschi Lavagetto e Antonella Gigli, punto di parten­za per la scelta delle opere e per i relativi studi. Ogni affresco viene analizzato attraverso una scheda, che comprende descrizione, vicenda critica, confronti stilistici, che escono dai confini prettamente locali e talvolta mettono in discussione le precedenti letture. Le opere, cui sono dedicati i primi tre capitoli, sono state classificate in base alle chiese in cui si trovano o da cui provengono, e poi in base all’ordine cronologico. Il primo capitolo – Gli affreschi trecenteschi della Cattedrale – è dedicato alle pitture murarie del Duomo, pochi esempi, che tuttavia coprono tutto il secolo. L’indagine ha coinvolto anche altri due frammenti, provenienti dalla chiesa matrice, ma attualmente conservati nel Pa­lazzo Episcopale (Madonna in trono con il Bambino e sant’Antonio abate) e nell’Archivio Capitolare della Cattedrale (Resurrezione di Cristo?). L’opera più interessante è comunque la Madonna in trono con santi della lunetta nel transetto meridionale, dove è effigiato il committente, probabilmente il vescovo di Piacenza Pietro Maineri (1388-1404), uomo vicino alla corte dei Visconti su cui si è cercato di indagare. Il secondo capitolo – Gli affreschi trecenteschi delle chiese degli ordini mendicanti – raggruppa le decorazioni delle chiese di San Francesco, San Giovanni in Canale e San Lorenzo, rispettivamente rette dai francescani, dai domenicani e dagli eremitani. Per quanto riguarda San Lorenzo, le pitture murali provenienti da essa sono custodite ai Musei Civici di Palazzo Farnese a Piacenza. I tre edifici presentano affreschi di diversi momenti del XIV secolo, ma per quanto riguarda la metà del secolo essi sono accomunati dalla presenza di campagne decorative riconducibili alla bottega di Bartolomeo e Jacopino da Reggio, attiva in città dalla fine degli anni Quaranta agli anni Settanta circa del Trecento. Le chiese rimanen­ti in cui figurano lacerti trecenteschi sono illustrate nel terzo capitolo – Gli affreschi trecenteschi delle altre chiese di Piacenza –, come nel caso di San Savino, San Paolo, San Donnino e Santa Chiara, dove restano esempi di fine XIV secolo di chiaro stampo cortese. I frammenti della chiesa di Santa Chiara sono stati trasferiti ai Musei Civici di Palazzo Farnese. Ad eccezione della prima, le altre tre chiese hanno visto il lavoro di Antonio de Carro, personalità importante per la storia pittorica piacentina della fine del Trecento, e della sua bottega. Il quarto capitolo – Contesti e committenze negli affreschi piacentini – esamina il ca­rattere variegato della situazione artistica locale. Lo studio ha preso come spartiacque il 1336, anno in cui la città è annessa allo stato visconteo, per verificare se l’evento abbia avuto ripercussioni sulla pittura, con la consapevolezza che la situazione frammentaria degli affreschi piacentini non permette di giungere a conclusioni generali e valide per tutta la realtà artistica della zona. Per corroborare le osservazioni sugli orientamenti ar­tistici della città vengono esaminati anche alcuni codici miniati. Prima del 1336 Piacenza è in linea con la maggior parte delle realtà nord-italiane, toccate dagli influssi della pittura assisiate e romana, che convivono però con soluzioni locali. Gli anni centrali del XIV secolo sono segnati dalla presenza preponderante di Bartolomeo e Jacopino da Reggio, attivi soprattutto nelle chiese degli ordini mendicanti; comincia la ricezione dei modi tipici della corte milanese, che si faranno più evidenti. Sono ascrivibili alla fine del Trecento altri esempi di affreschi in diverse chiese piacentine – entro cui le perso­nalità più note sono il Maestro di Santa Caterina e Antonio de Carro – che condividono stile, modi e forse anche artisti con la vicina Lombardia. Infine il quinto capitolo – Le principali personalità attive a Piacenza nel XIV secolo – studia gli artisti che hanno avuto un ruolo preminente nella storia pittorica locale del XIV secolo: Bartolomeo e Jacopino da Reggio, il Maestro di Santa Caterina e Antonio de Carro. Data l’ampia tematica, lo studio vuole essere un punto di partenza per indagini fu­ture; la tesi ha cercato di raccogliere, riordinare e in parte rivisitare le ricerche condotte finora sulla pittura a Piacenza, individuando le tematiche ancora da approfondire, per esempio la committenza ecclesiastica, ancora poco studiata, o la bottega di Bartolomeo e Jacopino da Reggio, così come la figura di Antonio de Carro e dei suoi collaboratori, di cui sono state riviste alcune attribuzioni. (Anna Riva)

– Paola Poggi, La scuola elementare nel Piacentino tra fascismo e post fascismo, Univer­sità degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università degli studi di Bologna, Corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, a.a. 2012-213, rel. prof. Fulvio De Giorgi. Il lavoro si propone di indagare la scuola elementare nel periodo di passaggio tra il fascismo e il postfascismo, attraverso un importante scavo sulle carte degli archivi delle scuole di Castell’Arquato per la val d’Arda – depositato presso l’Archivio di Stato – e della scuola Giuseppe Taverna – ora presso il III Circolo. Il primo capitolo, Piacenza du­rante il periodo fascista, ripercorre le vicende del territorio piacentino dagli anni Venti al secondo conflitto mondiale, tracciando un panorama delle istituzioni scolastiche, mentre il secondo, La scuola italiana nel periodo fascista, illustra gli aspetti più importanti della scuola elementare nel Ventennio. Il terzo capitolo, La scuola nel Piacentino: alcuni casi, analizza puntualmente le fonti d’archivio, soprattutto le cronache scolastiche dal 1942 al 1947, per arrivare a definire sia i programmi scolastici delle scuole elementari della val d’Arda e della città, sia le modalità di insegnamento attraverso gli ausili didattici e i libri di testo utilizzati dagli insegnanti. Completano il lavoro un’accurata bibliografia e sitografia e l’elenco delle fonti d’ar­chivio consultate (Anna Riva)