Bollettino storico piacentino. Notiziario dall'Archivio di Stato
BSP 2/2019
L’Archivio e il Liceo Gioia 1935-1945
L’Archivio di Stato e il Liceo Melchiorre Gioia hanno vinto – per la sezione Archivi – il concorso di idee per la valorizzazione dei beni culturali Io amo i beni culturali IX edizione, promosso dall’Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romagna. Il concorso è rivolto alle Scuole Secondarie di 1° e 2° grado in collaborazione con i Musei, gli Archivi e le Biblioteche dell’Emilia-Romagna. Il progetto prevede la ricognizione dell’archivio scolastico, che contiene documentazione dall’unità d’Italia in poi, focalizzando l’attenzione sulle carte dal 1935 al 1945 e, in particolare, sull’applicazione delle Leggi Razziali del 1938. Gli studenti delle classi quarte del Liceo, nell’ambito dei progetti PCTO (ex alternanza scuola lavoro), dopo essere stati formati alla ricerca d’archivio, verranno seguiti dalle insegnanti e dai referenti dell’Archivio di Stato di Piacenza nella fase di organizzazione, schedatura, studio e digitalizzazione dei materiali. Gli esiti della ricerca, verranno resi fruibili alla cittadinanza attraverso la loro messa in rete, il caricamento sull’APP Piacenza e l’allestimento di una mostra. (Anna Riva)
I libri di studio e lavoro di Emilio Morandi
Emilio Morandi (Piacenza, 1883-1970), ingegnere civile, come il padre Gaetano e il fratello Carlo, fu presidente del Consorzio dei rivi di destra del Trebbia, insegnò topografia all’istituto per geometri Romagnosi e nel 1945 fu a capo dell’Ordine degli ingegneri della città. Fu una figura di rilievo nella storia della cultura piacentina soprattutto negli anni tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Tra i fondatori dell’Associazione Amici dell’Arte, ne fu presidente fino al 1933, quando all’Associazione subentrò d’imperio l’Istituto fascista di cultura, promuovendo importanti iniziative come la ripresa nel 1921 della pubblicazione della rivista «Strenna piacentina». Amico di Giuseppe Ricci Oddi, amante delle arti figurative e della musica classica, fu suo consigliere nella costruzione e nell’allestimento dell’omonima Galleria d’arte moderna. (La scomparsa dell’ing. Morandi che fu amico di grandi artisti, in «Libertà», 18 novembre, 1970). I suoi eredi donarono agli Amici dell’Arte una raccolta bibliografica e documentale di grande interesse sia per la rarità che per la tipologia di materiale (A. Scottini, Brevi cenni sul fondo Emilio Morandi donato agli Amici dell’Arte di Piacenza, in «Strenna piacentina», 1996, pp. 175-179, con nota di F. Arisi). In questa raccolta eterogenea erano presenti anche i testi che furono strumenti di studio e di lavoro dell’ingegner Morandi. L’Associazione, per favorire la valorizzazione di questi volumi di natura tecnica e specialistica, li ha successivamente donati all’Archivio di Stato di Piacenza. I 123 titoli (136 volumi), oggi catalogati e disponibili alla consultazione pubblica, coprono un arco temporale che va dalla metà dell’Ottocento agli anni Sessanta del secolo scorso; per consultare l’elenco completo dei 123 titoli, relativi a 136 volumi, occorre accedere al portale del Polo bibliotecario piacentino all’indirizzo www.leggerepiace.it, selezionare la ricerca avanzata e nella maschera impostare nel menù a tendina la voce possessore e nel modulo di ricerca corrispondente il nome Emilio Morandi. (Patrizia Anselmi)
Tesi di laurea di interesse piacentino
– Concetta Maria Cuccia, Archetipi del femminile sula banco degli imputati. I processi alle collaborazioniste in Emilia-Romagna nel 1945, Università di Bologna, Scuola di lettere e beni culturali Corso di laurea in Scienze storiche e Orientalistiche, a.a. 2016-17, rel. prof. Paolo Capuzzo, correl. prof.ssa Toni Rovatti. L’A. esamina il percorso giudiziario che portò all’incriminazione dei «collaboratori del tedesco invasore» nei più alti gradi di giudizio e nelle Corti di Assise straordinarie istituite nell’aprile 1945 prima con validità semestrale e poi prolungate. Si trattò, secondo l’A., di una particolare giustizia di transizione dal regime totalitario avviata alla fine del 1943 fino alla repubblica del 1946, un aspetto della defascistizzazione che come si sa fu incompiuta. Le Corti si occuparono in genere di esponenti di medio e basso calibro, imputati per fatti avvenuti non solo durante la guerra civile ma anche anteriormente, alcuni dei quali ovviamente riuscirono a beneficiare della cd. Amnistia Togliatti promulgata il 22 giugno 1946. Si analizza l’organizzazione delle corti civili e militari e delle commissioni deputate a giudicare crimini e illeciti e ci si sofferma sulle Corti Straordinarie delle province emiliano-romagnole con l’esclusione di Parma esponendo episodi e statistiche dei processi includenti collaborazioniste. Per Piacenza su 10 imputate vi furono 5 condanne. Pur con molte contraddizioni nei processi si assiste alla crisi del paradigma sessuale che aveva contrassegnato la Grande Guerra; dall’anonimato si affaccia una scena più realistica popolata di uomini e ora anche di donne, di persone e di gruppi. Gli anni della guerra di Liberazione in qualche modo incrinano valori e ideali – archetipi secondo Jung – propri della società patriarcale e dei totalitarismi del primo Novecento, la «dimensione arcaica della maternità» e il controllo del corpo femminile modellato in Italia nel codice Rocco e nel diritto familiare. Partigiani e perfino repubblicani di Salò, con l’istituzione del Servizio Ausiliario Femminile, promuovono parzialmente un nuovo ruolo, più attivo, della donna. La tesi si conclude, prendendo spunti dalla letteratura psicanalitica e sociologica, con l’analisi di alcuni casi di collaborazioniste emiliane in merito ai quali si possono distinguere evidenti «stereotipi giuridico-culturali». (Gian Paolo Bulla)
– Federico Oneta, I frammenti di reimpiego nel fondo Notarile dell’Archivio di Stato di Piacenza (1292-1470), Università degli Studi di Milano, Facoltà di Studi Umanistici, Corso di Laurea Magistrale in Scienze Storiche, a.a. 2018-2019, rel. prof. Marta Luigina Mangini. Il lavoro, che si concentra sul reimpiego di frammenti notarili, molto meno appariscenti di quelli derivanti da codici e poco studiati, offre un percorso di ricerca che tocca diversi ambiti come l’Archivistica, la Codicologia, la Diplomatica, la Paleografia, la Storia della stampa. L’A. ha redatto un catalogo analitico delle pergamene reimpiegate come materiale di legatura e rinforzo dei protocolli dei notai Antonio Stevanoni, Bernardo Dalmazio, Cherubino Mussi, Giorgio Bellotti, Bernardo de Figlimicheli, Stefano di Ancarano, Tancredo Turci, Francesco Sordi, Giacomo de Ugiano e Francesco da Pontenure, attivi sulla piazza di Piacenza dal 1333 al 1393 e conservati nel fondo Notarile dell’Archivio di Stato di Piacenza. L’introduzione contestualizza storicamente e culturalmente il fenomeno del riciclo di materiale scrittorio nella fattura dei manoscritti e ricostruisce il percorso storico che ha portato i protocolli dalle mani dei notai che li hanno redatti al versamento nell’Archivio Pubblico nel 1679 per poi approdare alla sede attuale di Palazzo Farnese. Il catalogo fornisce le schede analitiche di 62 reimpieghi, tranne due tutti provenienti da supporti membranacei che ospitavano scritture documentarie notarili, che coprono un arco cronologico dal 1292 al 1470 e riferibili al territorio piacentino. Nell’Appendice sono state selezionate le immagini che rappresentano alcune delle peculiarità codicologiche riscontrate nella raccolta dei dati; l’A. sottolinea che tutti i frammenti censiti si presentano come testimoni unici e insieme poliedrici di complesse storie di trasmissione. Un censimento a tappeto dell’intero fondo Notarile, sulla scorta di altri Archivi di Stato, permetterebbe di delineare il quadro completo del reimpiego e di valorizzare adeguatamente un fondo ancora troppo poco conosciuto. Copia della tesi è depositata presso l’Archivio di Stato di Piacenza. (Anna Riva)
– Andrea Piccoli, Salute e società a Piacenza: vaccinazione, morbilità ed epidemia nel primo trentennio del XIX secolo, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Studi Umanistici, Corso di Laurea Magistrale in Scienze Storiche, a.a.2017-2018, rel. prof. Stefano Levati. Il lavoro affronta i temi della sanità, dell’igiene pubblica e della morbilità nella città di Piacenza e nei comuni limitrofi dalla reggenza francese di Médéric Louis Élie deSaint-Méry (1802) alla virulenta epidemia di colera del 1836. L’A. si concentra sullo studio dei fenomeni di morbilità, epidemici ed endemici partendo da un’ampia panoramica sugli avvenimenti storico-politici che traghettarono Piacenza dall’Antico Regime al periodo francese, per arrivare alla Restaurazione. La ricerca è stata condotta principalmente sui documenti conservati nell’Archivio di Stato di Piacenza, provenienti dall’Archivio Storico del Comune di Piacenza, in particolare dai fondi Sanità e Igiene, Congregazione di Sanità, Gridario Comunale, con il supporto della Raccolta delle Leggi Ducali e della biblioteca storica dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza. Ampio spazio è dedicato al tema della vaccinazione, introdotta in Italia già nel Secolo dei Lumi ma non ancora diffusa nel periodo cronologico preso in esame, anche per le carenze organizzative del Ducato. Vengono esaminate anche le reazioni e le posizioni assunte dal clero locale in merito ai benefici dell’inoculazione del vaccino. Il lavoro offre anche un viaggio attraverso le contrade della città ottocentesca e la loro condizione igienica, sulla base delle relazioni e dei rapporti dei commissari di polizia inviati al Podestà. Infine si conclude con l’analisi dell’epidemia di colera del 1836 e la sua gestione da parte delle autorità. La tesi è articolata in dieci capitoli, completati da un’Appendice documentaria e dalla Cronotassi dei prefetti e dei governatori di Piacenza dal 1806 al 1831. Copia della tesi è depositata presso l’Archivio di Stato di Piacenza. (Anna Riva)